Cassazione: cambiano i presupposti della tassa sui telefonini

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La Cassazione torna a pronunciarsi sull’annosa questione della tassa di concessione governativa sui cellulari, rivedendone i presupposti legislativi alla luce del nuovo Codice delle comunicazioni elettroniche.

Con la sentenza n. 8825 del 1° giugno 2012, la Cassazione si è occupata del ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un Ente locale comunale.

Dopo essersi pronunciata sui diversi punti sottoposti al suo giudizio, la Cassazione si è espressa anche in merito al presupposto della tassa, osservando “che il provvedimento amministrativo, originariamente previsto dal dpr 29 marzo 1973, n. 156, art. 318, codice postale e delle telecomunicazioni è venuto meno a seguito della espressa abrogazione della norma da parte del dlgs 1 agosto 2003, n. 259, art. 218, comma 1, lett. q), (Codice delle comunicazioni elettroniche)”.

Si tratta di una pronuncia importante in quanto riconosce che il nuovo Codice delle comunicazioni ha sostituito il precedente regime dei provvedimenti concessori con una nuova regolamentazione fondata sulla libertà di fornitura dei servizi di comunicazione.

La sentenza, tuttavia, non afferma l’illegittimità della tassa sui telefonini, ma ne cambia il presupposto impositivo che viene ora collegato «non già alla emissione di un atto amministrativo, ma al mero presupposto di fatto (di natura cronologica) della durata della prestazione di servizi così come conteggiata in ciascuna bolletta dal gestore all’abbonato».

Leggi anche “La tassa sui telefonini è agganciata al servizio” di Alessandro Garzon e Giorgio Marsiglio su IlSole24Ore

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