Decreto Trasparenza, prove tecniche di processi organizzativi

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A oltre 2 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo n. 33/2013 (decreto trasparenza), è possibile tracciare un primo sommario bilancio relativo agli effetti della nuova normativa sugli uffici coinvolti nei processi di pubblicazione di dati e informazioni sui siti istituzionali delle PA.

L’attenzione che gli uffici interessati stanno dedicando al rispetto della norma è infatti decisamente differente rispetto al passato, in cui gli obblighi legislativi venivano puntualmente disattesi dai più. Per capire cosa è cambiato è sufficiente analizzare le differenze tra il decreto 33 ed altre norme precedentemente ignorate.

Il caso lampante, in ambito IT della Pubbliche Amministrazioni, è il Codice dell’Amministrazione Digitale (D.Lgs. 82/2005): nella sua prima scrittura, entrata in vigore il 1 gennaio 2006, erano riportati numerosi obblighi per la PA, ma mancavano eventuali provvedimenti sanzionatori. Situazione che si è cercato di correggere con il D.Lgs. 159/2006, tramite l’introduzione dell’art. 12 c. 1-ter che recitava:
“I dirigenti rispondono dell’osservanza ed attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto ai sensi e nei limiti degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ferme restando le eventuali responsabilità penali, civili e contabili previste dalle norme vigenti”.

Tuttavia, lo spauracchio delle responsabilità penali, civili e contabili derivanti dalla mancata osservanza delle disposizioni del decreto è rimasto lettera morta; si è cercato quindi di rinforzare questo concetto con il D.Lgs. 235/2010, introducendo un nuovo periodo al medesimo comma:
“L’attuazione delle disposizioni del presente decreto è comunque rilevante ai fini della misurazione e valutazione della performance organizzativa ed individuale dei dirigenti”.

Anche questa seconda correzione non ha sortito i risultati sperati. Spiegarsi il perché è molto semplice: segnalare la mancata osservanza degli obblighi di legge è un processo difficilmente attuabile, che parte dalla segnalazione al Civit dell’inadempienza e dall’avvio del conseguente procedimento sanzionatorio. Un percorso tortuoso, che rischia di far emergere, agli occhi dei più, la “perniciosità” del segnalante anziché l’effettiva inosservanza della norma.

Il D.Lgs. 33/2013 sembra invece riuscire ad andare oltre questo circolo vizioso, grazie all’impostazione di un processo organizzativo in cui rilevare l’inadempienza e applicare gli adeguati provvedimenti correttivi si rivela decisamente più agevole e lineare. Gli elementi che riescono a dare un’efficacia alla norma sono i seguenti:

1.    Esiste un facile sistema di misurazione delle inadempienze – l’allegato al decreto riporta tutti i contenuti che i siti delle PA dovrebbero avere. Si tratta di uno schema che illustra la struttura dei dati da pubblicare e nel contempo fornisce una checklist di agevole verifica.

2.    Esiste un controllore – l’art. 43 c.1 prevede che il Responsabile per la trasparenza svolga stabilmente “un’attività di controllo sull’adempimento da parte dell’amministrazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente”. L’art. 46 c. 2 inoltre formalizza implicitamente le conseguenze di un mancato controllo, poiché “il responsabile non risponde dell’inadempimento degli obblighi di cui al comma 1 se prova che tale inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile”.

3.    Esiste un processo di segnalazione formale delle inadempienze – L’art. 53 c. 5 stabilisce che “il responsabile segnala i casi di inadempimento o di adempimento parziale degli obblighi in materia di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, all’ufficio di disciplina, ai fini dell’eventuale attivazione del procedimento disciplinare. Il responsabile segnala altresì gli inadempimenti al vertice politico dell’amministrazione, all’OIV [Organismo Indipendente di Valutazione] ai fini dell’attivazione delle altre forme di responsabilità”.

4.    Vengono definiti i ruoli di verifica ed ispezione dell’intero processo – l’art. 44 specifica i compiti dell’OIV (che prevedono tra gli altri la verifica degli obiettivi previsti nel Programma triennale per la trasparenza e l’integrità e quelli indicati nel Piano della performance, nonché la conseguente misura e valutazione delle performance), mentre l’art. 45 illustra le attività ispettive svolte dalla CIVIT.

5.    E’ prevista una forma di controllo diffuso dell’osservanza degli obblighi di legge – la richiesta di Accesso civico di cui all’art. 5 prevede il diritto di chiunque di richiedere informazioni, documenti o dati di cui sia stata omessa la pubblicazione. Tale richiesta comporta da parte del Responsabile della trasparenza l’obbligo di segnalazione dei casi di inadempimento o adempimento parziale degli obblighi previsti.

6.    Sono formalizzate le sanzioni – l’art. 46 specifica le sanzioni applicate alle violazioni degli obblighi della trasparenza, che si ripercuotono sugli elementi economici collegati alla performance individuale dei responsabili e sono agevolmente comminabili. L’art. 47 riporta le sanzioni da applicarsi a casi specifici, anche se in queste fattispecie l’irrogazione delle sanzioni da parte dell’autorità amministrativa competente è meno immediata.

Attraverso la formalizzazione di ruoli, metodi di verifica e sanzione delle inadempienze sembra che questa volta si sia costruito un processo efficace ed incisivo. Solo il tempo, ad ogni modo, sarà in grado di decretare il definitivo successo o meno dell’iniziativa legislativa.

Fonte: articolo di Aldo Lupi su Pionero

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